Nel 1004 S. Nilo da Rossano, egumeno dei monaci greci basiliani, fuggito dalla Calabria in seguito alle incursioni saracene, fondò l'Abbazia su un vasto terreno donatogli dal conte Gregorio I dei Conti di Tuscolo, che in precedenza era stato ospitato a lungo dal monaco presso il monastero di S. Agata, nella valle della Molara.
Il forte legame tra la badia e la famiglia tuscolana si consolidò sempre più, tanto che nel 1037 Benedetto IX (1032-1044), nipote di Gregorio I, le concesse dei beni nel territorio di Albano e volle come consigliere l'abate Bartolomeo. Nel XII secolo Callisto II (1119-1124) dichiarò l'abbazia soggetta esclusivamente alla Santa Sede e libera dalla giurisdizione del vescovo, rafforzando enormemente il potere dell'abbazia. Il monastero giunse a possedere terreni vastissimi che andavano da Albano fino alla Labicana, fu coinvolto anche nelle lotte fra Tuscolo e Roma e nel 1163 i monaci furono costretti a rifugiarsi a Subiaco.
Nel 1379, durante lo scisma d'Occidente, i monaci abbandonarono nuovamente l'abbazia, sotto la protezione dei Caetani signori di Marino. Nel 1462, Pio II (1458 - 1464) interruppe la serie degli abati perpetui dando l'abbazia in commenda al cardinale Bessarione, a cui seguì Giuliano della Rovere. Il cardinale della Rovere avvalendosi dell'opera di Baccio Pontelli, cinse il complesso con un recinto murario ornato da cortine merlate e torrioni cilindrici su tre lati; è probabile opera di Giuliano da Sangallo, o forse del Bramante, il Palazzo della Commenda caratterizzato da un bel portico con colonne di pietra sperone. Dal 1626 al 1738 l'Abbazia fu retta dai Barberini; durante il periodo napoleonico l'ordine monastico non venne soppresso, ma l'Abbazia subì molte spoliazioni.
Attualmente l'edificio ospita al pian terreno il Museo, in cui sono custoditi numerosi reperti archeologici e resti della decorazione della chiesa; il soffitto di una delle sale è stato dipinto nel 1547 da Francesco da Siena, in omaggio al commendatario Fabio Colonna; rappresenta le storie di Fabio Massimo il Temporeggiatore; al piano nobile un'altra sala fu affrescata da autore ignoto con le storie della distruzione di Tuscolo, all'epoca del commendatario Alessandro Farnese.
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