Il territorio delle DOC> Uno sguardo d'insieme
 

Quasi tutti i Castelli Romani sovrastano il cerchio esterno del grande cratere vulcanico dei Colli Tuscolani, poi dei Colli Albani sino al Monte Artemi-sio (925 m. s.l.m.) per risalire al Maschio Lariano (821 m. s.l.m.) e quindi al Monte Salomone (773 m. s.l.m.) a Nord e ricongiungersi, infine, ai Colli Tuscolani. Il piccolo cerchio interno è costituito dal Monte Cavo (949 m. s.l.m.) e dal Monte Faete (956 m. s.l.m.).

Provenendo da Roma, tutta la zona è dominata dal Monte Cavo, con il suo profilo tipico per la vetta pianeggiante. Sembra essere il vulcano centrale, mentre è soltanto il deposito dei detriti accumulati dalle eruzioni dei crateri principali, che sono il Lago di Albano, quello di Nemi e quelli ora bonificati di Ariccia e Pavona.

Tutti i terreni circostanti sono, quindi, di origine vulcanica su colate laviche di diversa consi-stenza; anche i pochi terreni alluvionali sono di provenienza vulcanica, pertanto sono tutti privi di calcio e ricchi di potassio, elemento molto utile per la elaborazione degli zuccheri. In definitiva, sono terreni che, anche per la loro giacitura, eliminano molto bene le acque. Beninteso, a condizione che la roccia vulcanica incoerente, spesso affiorante o presente a circa un metro di profondità sia stata bonificata portandola in superficie, ove, esposta agli agenti atmosferici, si sbriciola in ottimo terreno nell'arco di circa due anni.

La piovosità media annua è generalmente compresa tra i 750 ed i 1.000 millimetri delle zone litoranee ed i 1.250 di quelle collinari, più interessate alla viticoltura, per arrivare ai 1.500 mm. delle zone montane, investite però a boschi. La frequenza è primaverile ed autunnale, per cui anche durante la stagione estiva si praticano frequenti lavorazioni superficiali del terreno per assicurare la conservazione delle acque profonde.

Si effettuano anche arricchimenti dei terreni, poveri di humus, con la pratica del sovescio, consistente nell’interrare, a primavera, la vegetazione di leguminose, tra le quali prevalente il “favino” che ha la facoltà di fissare l’azoto atmosferico nelle radici e di produrre una abbondante massa vegetale disponibile per la sua decomposizione nel terreno, fertilizzandolo ed aumentando la capacità di trattenere l’umidità.

Il vino “Castelli Romani” D.O.C. è stato l’ultimo, in ordine di tempo, ad essere riconosciuto. Tale D.O.C. si sovrappone alle altre presenti nel territorio per favorire molti produttori che offrono vini da monovitigno – generalmente: Malvasia puntinata, detta anche del Lazio, o Greco – per soddisfare tutte le più varie esigenze dei consumatori; oppure che in zone ove è tutelata la sola produzione del bianco, producono anche vini rossi in piccole pregevoli quantità. Ora, con la D.O.C. Castelli Romani, anche i rossi con gli apprezzati novelli sono tutelati e così i rosati da essi derivati che hanno molti estimatori.

Il territorio di produzione: vi sono zone limitrofe ai Castelli Romani di espansione per i viticoltori delle zone già tutelate dalle varie D.O.C., ove ricorrono condizioni ambientali eguali o molto simili. Gli agricoltori del posto hanno una cultura agronomica ed enologica pari a quella dei loro amici “castellani”. Tali zone, date le premesse ambientali e colturali, sono state incluse nel territorio della più vasta D.O.C. “Castelli Romani”.

Pertanto il territorio con denominazione generica “Castelli Romani” comprende anche i territori di Rocca di Papa e Rocca Priora, a pieno titolo Castelli Romani, i comuni di Ciampino e Lariano, recentemente scorporati dal vecchio territorio di Marino e Velletri e quindi, sin da allora, riconosciuti nelle relative zone a D.O.C. Similmente, i territori di Zagarolo e San Cesareo, già riconosciuti nella D.O.C. Zagarolo. Invece, per le ricorrenti condizioni geografiche ed umane, sono stati inclusi i territori di Cori e parte di quelli di Cisterna e di Aprilia; peraltro, Cori ed Aprilia usufruiscono già di una loro D.O.C. specifica.


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